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La rivista del Centro

Annali di Architettura 10-11/1999

Margaret M. D’Evelyn
Varietà and the Caryatid Portico in Daniele Barbaro’s Commentaries on Vitruvius
pp. 157‐174.

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Daniele Barbaro, nella prima edizione (1556) dei Commentari a Vitruvio, presenta l’immagine quasi a tutta pagina dei portici delle Cariatidi e dei Persiani. Si tratta della prima coppia di incisioni architettoniche inserite nel testo, che così ribaltano la sequenza con la quale Vitruvio aveva spiegato l’invenzione di questi monumenti alla vittoria. Per il portico, associato alle matrone di Caria, propone un improbabile Ordine Corinzio. Barbaro paragona lo studio della storia – soggetto del saggio – alla rinfrescante visione di un bellissimo giardino dopo un lungo viaggio. Egli osserva infine che Vitruvio ha “decorato” i Dieci Libri servendosi di storie e conclude affermando che “Vitruvio rende appetibili i suoi insegnamenti con la dolcezza della varietà”. In questo contributo viene analizzata la trasformazione prodottasi nella concezione di Daniele Barbaro del portico delle Cariatidi da struttura ionica decorata con immagini buffe adatta al portico di un giardino all’immagine composita presentata da Barbaro nei Commentari del 1556. Le Cariatidi del 1556 sono coronate da capitelli con foglie d’acanto, allusione ad una delle più famose “storie” di Vitruvio, l’invenzione del capitello Corinzio. Viene spontaneo collegare questo mutamento al nuovo interesse del Barbaro nei confronti dei dettagli ornamentali successivo al suo viaggio del 1554 a Roma, come annotato nell’aggiunta autografa al testo trascritto del secondo manoscritto preparatorio, Italiano 5106, e in altre aggiunte fatte poco tempo prima della pubblicazione. Tali annotazioni includono una nuova lunga digressione sulla decorazione, illustrata dai disegni delle sagome dei dettagli, il nuovo paragrafo metaforico sulla storia e il giardino, e la nuova incisione dei portici delle Cariatidi e dei Persiani. Nei Commentari Barbaro offre al lettore, tramite la metafora, una colta esperienza letteraria. Vitruvio aveva elevato i Dieci Libri al di sopra del livello di un semplice manuale. Nel testo aveva inserito passaggi da lui stesso riconosciuti naturalmente più piacevoli per il lettore, ad esempio “digressioni” storiche e poetiche. Barbaro le identifica come “ornamenti” e segue l’esempio di Vitruvio nei suoi commenti. La sua attenzione, che inizialmente era concentrata sulle decorazioni architettoniche spiegate dalla storia, viene trasferita, al momento della pubblicazione, dalle figure scolpite ai dettagli architettonici come, ad esempio, il capitello corinzio. Lo studio della retorica antica aveva indotto Barbaro a trovare in Vitruvio qualità meno evidenti al lettore moderno. Barbaro, come molti suoi contemporanei, incluso Palladio, teneva in gran considerazione la varietà, si manifestasse questa nella letteratura, nella composizione artistica o nella natura. Grazie a Palladio e all’immagine del portico delle Cariatidi del 1556, Barbaro ritrova nell’infinita varietà del mondo antico l’“unità” nella “diversità” in schemi ordinati e ne evidenzia le invenzioni uniche. Attraverso la metafora tra storia e giardino Barbaro utilizza le Cariatidi e spiega che i dettagli (gli “ordini”) in un’opera di architettura hanno la stessa funzione delle digressioni (le “storie”) nelle antiche composizioni letterarie. Pur essendo “ornamenti”, sono comunque essenziali al tutto. In un altro passaggio Barbaro sottolinea che i disegni di Palladio completano, allo stesso modo, il commentario trasferendo una conoscenza ad esso intrinseca e in altro modo indisponibile.

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