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La rivista del Centro

Annali di Architettura 17/2005

Renato Cevese
Palladio e le scale
pp. 107‐114.

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Ho creduto opportuno fare una lettura analitica del ruolo attribuito da Palladio alle scale nelle architetture del Trattato e in quelle realizzate. Nelle architetture realizzate, soprattutto nei palazzi urbani, la dimensione e la collocazione delle scale dànno la sensazione, in quasi tutti i casi, ch’egli non vi attribuisse quell’importanza che altri architetti a lui contemporanei riconoscevano, potendo esse diventare un episodio architettonico d’alta scenografia o comunque di particolare interesse. Considerando la posizione delle scale all’interno della maglia compositiva del piano terreno e del primo piano, constatiamo come esse occupino un sito di poca importanza, quasi fosse uno spazio di risulta. La sua predilezione era diretta verso le scale “ovate” il cui dinamismo interno contrastava la rigidezza delle stanze, ma anche verso l’irrinunciabile principio di simmetria come dimostrano le scale di palazzo Chiericati. Tuttavia spesso la collocazione all’interno della città rendeva difficile all’architetto la scelta di un sito opportuno ove collocare le scale importanti e quelle di servizio Al contrario la maestria di Palladio si poté esercitare al massimo grado nelle ville: si constata come l’elemento dinamico da esse rappresentato contraddistingua l’inventiva del sommo architetto, il quale, alla astratta rigidità del corpo prismatico della villa – in non pochi casi però articolata grazie al pronao sporgente – sembra compiacersi di opporre la fervida vitalità di scalee frontali e di scale divergenti.

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