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La rivista del Centro

Annali di Architettura 22/2010

James S. Ackerman
Palladio, Michelangelo and publica magnificentia
pp. 63‐78.

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L’articolo si concentra sulla pubblicazione di quei progetti di Palladio per facciate di chiese dotati di ordine colossale e portico libero – ai quali Michelangelo per primo aveva dato espressione dinamica – rifiutati dai clienti veneziani e bolognesi dell’architetto e che, proprio per questo, sono rimasti sconosciuti per oltre quattro secoli. L’interpretazione dei disegni del portico si coniuga con il concetto di “pubblica magnificenza” in architettura. Tale concezione, originaria dell’antichità ma rivitalizzata dai filosofi del Rinascimento, in particolare dalla tradizione aristotelica dell’Etica Nicomachea, ebbe una forte influenza sul patriziato veneziano che chiese all’architetto vicentino di progettare le più spettacolari chiese “pubbliche” della sua carriera. Al contrario dei veneziani, i componenti l’aristocrazia vicentina serviti da Palladio negli ultimi anni della sua vita avevano titoli imperiali e non condividevano il desiderio dei potenti veneziani di evitare manifestazioni architettoniche troppo sontuose. Essi vollero il nuovo vocabolario e la sua eco di antica grandezza romana applicato agli edifici pubblici e privati di Vicenza e del territorio circostante. La risposta di Palladio ai committenti vicentini diede forma ad un’architettura che divenne una monumentale affermazione dell’ideologia delle autorità imperiali e religiose dell’Europa Occidentale, esportata addirittura nell’America democratica.

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