Petr Uličný
Palladio beyond the Alps: The Case of Lazarus Henckel’s Palace in the Lesser Town of Prague (c. 1609)
pp. 81‐96.
L’architettura praghese del primo Seicento presentava
un carattere fortemente eterogeneo, a causa
– forse – da un lato della popolazione multietnica,
delle numerose fazioni religiose, dell’eredità
ancora viva dell’architettura gotica, e dall’altro di
committenti che cercavano ispirazione in diversi
centri dell’architettura italiana. Ne è un esempio
eloquente il palazzo costruito nel 1609-1611 da
Lazarus Henckel il Giovane, figlio del banchiere
dell’imperatore Rodolfo II, la cui architettura era
isolata in città.
A causa dell’abdicazione dell’imperatore nel 1611,
questa struttura, situata nella “Città piccola”, non
fu completata e scomparve quando fu incorporata
nel palazzo Colloredo (oggi Schönborn). La documentazione
superstite mostra che la facciata del
palazzo aveva un ordine gigante di colonne, probabilmente
basato su modelli palladiani.
L’architetto del palazzo di Henckel non è noto, le
fonti ci dicono solo che le opere lapidee furono
eseguite dal capo scalpellino dell’imperatore Giovanni
Antonio Brocco. Gli autori possibili sono
lo stesso Scamozzi, che conosceva Praga dalla sua
visita nel 1599 e lavorava per clienti non italiani
come l’arcivescovo di Salisburgo (1603-1608),
oppure Joseph Heintz il Vecchio, pittore di corte
dell’imperatore Rodolfo e architetto di talento.
Quest’ultimo è il candidato più probabile perché
era in contatto con Henckel, trascorse dieci anni in Italia, dal 1587 al 1589 direttamente a Venezia,
e il suo progetto per la loggia di Augusta tradisce
una conoscenza dettagliata dell’opera di Palladio.
Anche se incompiuto, il palazzo di Henckel sembra
servire da modello per il palazzo Czernin di
Praga, progettato nel 1667-1668 da Francesco Caratti,
che rappresenta l’architettura palladiana su
scala veramente grandiosa.