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The magazine of the Centro

Annali di Architettura 32/2020

Marco Capponi
Architettura e fallimento: la chiesa teatina di San Nicolò da Tolentino a Venezia (1590-1602), con un disegno attribuito a Vincenzo Scamozzi
pp. 105‐118.

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La storia della chiesa di San Nicolò da Tolentino a Venezia è stata finora raccontata a partire dal noto contrasto tra i committenti, i chierici regolari teatini, e l’architetto Vincenzo Scamozzi, conclusosi con l’estromissione del progettista dal cantiere. Questa particolare angolazione storiografica, influenzata dalle risentite azioni dell’architetto e dalla persistente ipotesi di un primo progetto attribuito ad Andrea Palladio, ha però portato a isolare la vicenda specifica dalla storia dell’edificio e a deformarne i contorni. Questo articolo presenta alcuni dei risultati ottenuti ribaltando il punto di vista dalla parte della committenza e da un’estensione delle indagini documentarie e materiali all’intero complesso teatino. Ciò consente innanzitutto di accantonare ogni congettura su un originario progetto palladiano e di ipotizzare, già dai primi anni Ottanta del Cin quecento, l’inizio della collaborazione tra i teatini e Scamozzi al fine di costruire un nuovo tempio orientato a sud. La storia della fabbrica mostra inoltre come il sodalizio si sia interrotto non per l’esasperarsi di discussioni di natura architettonica, bensì per questioni tecniche e limitate al problema delle fondazioni, sulle quali precipitano però due visioni incompatibili della pratica architettonica. Da subito, infatti, i teatini si mostrano flessibili nel modificare l’orientamento della chiesa, materiali e tecniche costruttive, nonché nel tenere sul tavolo più varianti progettuali. Dopo che i disegni finiscono in mano ai padri, Scamozzi viene esautorato e il cantiere stesso, con tutti i suoi imprevisti, diventa luogo di progetto. Per l’architetto vicentino rappresenta senz’altro il fallimento più clamoroso della sua idea di architettura e di professionista. Al contrario, i teatini avrebbero centrato l’obiettivo, cercando di superare in magnificenza anche il modello palladiano prescelto; ma la loro pragmatica gestione della fabbrica avrebbe pregiudicato la stabilità dell’edificio, il quale appare oggi ben diverso da quello inizialmente costruito.

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